Gabriele e il Parque Nacional del Corcovado

di Elisabetta Rivolta

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Le immersioni sono finite ma non le emozioni. L’indomani ci svegliamo prestissimo, sono le 5,30, e poi saliamo su una lancia simile a quella che ci ha portato qui da Sierpe. Il cielo è sereno, il mare tranquillo e luccicante, procediamo lungo costa per circa un’ora godendoci il panorama. Facciamo una piccola deviazione per incontrare un branco di delfini che ci accolgono piroettando. Sbarco sulla spiaggia con la risacca che inclina la lancia ma ormai siamo abituati e scendiamo scalzi. Il tempo di asciugare i piedi e ci infiliamo le calze e gli stivali di gomma con cui ci ha equipaggiato Norlyn. Incredibilmente è riuscito a trovare il numero giusto per ciascuno di noi. Sono le 8,00 e il caldo è già insopportabile, ci attendono cinque ore di camminata nella foresta.

 

Il parco

 

Ci troviamo nel Parque Nacional del Corcovado. Nonostante il suo nome siamo in Costa Rica e non a Rio de Janeiro. Questo parco situato nella penisola di Osa è considerato il luogo con la più alta biodiversità del pianeta. Qui, il National Geographic ha stimato esista più del 2,5% della biodiversità mondiale. Siamo anche un po’ spaventati, ma la nostra guida ci rassicura dicendo che cammineremo lentamente e faremo numerose soste. Si parte e subito prende un passo da guerrigliero in fuga, noi arranchiamo dietro di lui. Fortunatamente è rallentato nei suoi movimenti dal grosso cannocchiale Konus, con tanto di treppiede, che si porta appresso. Avvistiamo parecchi animali dalle scimmie Cara Blanca alle Iguane, dai Pecari ai Mapache e diverse specie di uccelli. Un serpente rosso vivo, di cui non capiamo il nome, si arrampica veloce su un albero proprio davanti a noi.

 

 

La defezione

 

Mio fratello Gabriele abbandona il gruppo, non riesce a sopportare il puzzo di repellente per zanzare che qualcuno spruzza continuamente a profusione e che lui non sopporta. La guida non è felice della sua decisione, si sente responsabile per la sua incolumità e non lo nasconde. Non conosce mio fratello. Infatti, pur tornando alla spiaggia da solo, vedrà molti più animali di noi. Non è un caso che qui in Costa Rica abbia fatto numerosi volontariati nella foresta. E’ stato anche un mese all’Isola del Cocco, posto ambito da milioni di Ticos. Ha pure vissuto con gli indigeni Cabecar Jameikari sulla Cordigliera di Talamanca. Ma tutto ciò la guida non può saperlo. Ripartiamo e quasi subito riusciamo ad avvistare un formichiere nano a circa 30 m di altezza sulla biforcazione di un enorme albero, bellissimo!

 

 

La stazione dei guardia parco

 

Dopo tre ore di cammino nella fanghiglia attraversando la foresta, arriviamo alla stazione della guardia forestale La Sirena fortunatamente e opportunamente equipaggiata con un air strip. Qui ci fermiamo per il pranzo al sacco, due panini uno dei quali con il burro di arachidi e la marmellata!  La cosa migliore è la mela. Come prima cosa ci togliamo gli stivali di gomma nera dove i nostri piedi stanno rosolando da un bel pezzo. Pensiamo a Gabriele digiuno ma non è così: è riuscito, non so come, a pescare due aragoste e le ha mangiate crude. Come contorno ha trovato delle radici di zenzero selvatico che ha lavato e salato con l’acqua di mare. Siamo esterrefatti alla notizia che apprenderemo solo poi. Alla stazione di La Sirena lavorano dei volontari (Gabriele docet) che al momento stanno montando i pannelli solari sul tetto. Anche gli escursionisti possono pernottare in tenda se sono attrezzati o nei due dormitori comuni. Vige una regola però: bisogna però essere autosufficienti per quanto riguarda acqua e cibo.

 

Si riparte

 

Rimessi, ahimè, gli stivali di gomma riprendiamo il sentiero. Prima di sbucare sul Rio La Sirena avvistiamo un Tapiro addormentato, è l’una e questo è un animale notturno, lo possiamo ammirare solo di schiena. Nel frattempo ha iniziato a piovere sudiamo sotto le mantelle che ci servono soprattutto per proteggere le fotocamere. Il ritorno al punto d’imbarco è tutto lungo la spiaggia selvaggia. Gabriele ci sta aspettando incurante della pioggia, anzi si è tolto la maglietta per non bagnarla. Nonostante lo conosca da più di cinquant’anni, mio fratello riesce sempre a sorprendermi, chissà se i suoi nipoti avranno lo stesso spirito. A ragion veduta sarebbe meglio di no, se non altro per evitare le angosce che lui già procura alla figlia.

 

 

Il ritorno

 

Lasciamo alle spalle il Parque Nacional del Corcovado come una massa oscura i cui contorni non sono più definibili. La pioggia al ritorno via mare è una grigia cortina di ferro, le gocce pungono come aculei, il mare ha messo il broncio. Arriviamo a Bahia Drake bagnati come pulcini, ci consoliamo con una doccia calda e con la gustosa cena preparata da Norlyn alle Cabinas Pura Vida. Dopo il pasto, mestamente, prepariamo i bagagli per la partenza di domani.

 
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